Longevità e restrizione calorica
a cura della Professoressa Maria Vittoria Barone
Questa serie di articoli ha lo scopo di aggiornare al meglio delle conoscenze scientifiche gli operatori sanitari ed il pubblico in generale per implementare e diffondere comportamenti virtuosi volti al mantenimento dello stato di salute per quanto più tempo è possibile.
Per restrizione calorica (RC) si intende una dieta caratterizzata da un apporto calorico moderato, leggermente inferiore rispetto ai fabbisogni.
E’ ormai consolidato nella letteratura scientifica che questo regime dietetico è in grado di prolungare la vita degli animali da laboratorio.
E’ infatti noto da tempo che topini di laboratorio nutriti a giorni alterni prolungano la loro aspettativa di vita del 30-40%.
Queste osservazioni sono state ripetute anche in altri animali come vermi, moscerini della frutta, lieviti e scimmie. In Tabella 1 sono riportati gli animali testati, l’effetto sulla lunghezza della vita, gli effetti biologici e la letteratura scientifica di riferimento.
Animale | Allungamento della vita | Effetti benefici | Referenze |
---|---|---|---|
Lieviti | Aumento della media e dell'età massima | Aumento della respirazione mitocondriale | Lin et al (2004), Bonaviz et al (2007), Wu et al (2013) |
Vermi | 50% in più | Aumento della resistenza allo stress | Houthoofd et al (2002), Hosono et al (1989) |
Moscerini della frutta | 50% in più con il 40% di RC | Partrige et al (2005) | |
Scimmie (Rhesus) | 30% in più con il 30% di RC | Riduzione di diabete, ictus, obesità, malattie cardiovascolari e atrofia cerebrale | Colman etal (2009), Mattison et al (2012) |
Uomini | Riduzione di diabete, ictus, obesità, malattie cardiovascolari e atrofia cerebrale | MercKen et al (2012) |
Tabella 1: La restrizione calorica allunga la vita
Negli uomini sperimentazioni in larga scala non sono state fatte, ma laddove per altri motivi era presente una restrizione calorica del 30% rispetto alle calorie previste, si sono riscontrati vantaggi sulla salute importanti, come ad esempio riduzione del diabete, ictus, obesità, malattie cardiovascolari ed atrofia cerebrale.
Il dato sulle scimmie data la somiglianza genetica con l’Uomo ha una valenza particolare.
Due gruppi di ricerca (chiamiamoli A e B) separatamente pubblicarono a poca distanza di tempo due lavori in cui si valutava l’effetto della restrizione calorica sull’allungamento della vita di scimmie.
Inizialmente i due laboratori pubblicarono dati contrastanti: per il gruppo di ricerca A la RC non aveva effetto sulla lunghezza della vita e per B invece funzionava.
I due laboratori decisero di confrontare i protocolli dell’esperimento e si evidenziarono immediatamente delle differenze importanti. Il protocollo che non aveva funzionato, quello del laboratorio A, prevedeva l’inizio della RC ad una età post-adolescenziale per la scimmia.
Quello che aveva funzionato prevedeva la RC ad una età adulta per la scimmia.
C’erano anche delle lievi differenze nella composizione della dieta. I due gruppi decisero di collaborare e si scambiarono i protocolli. Così il laboratorio A ripetè l’esperimento con il protocollo di B e viceversa. E di nuovo il protocollo del laboratorio A non funzionò e quello del laboratorio B invece allungò la vita delle scimmie.
Da questa storia si evincono due conclusioni importanti. La prima è che la restrizione calorica va evitata negli animali giovani ed al contrario va incoraggiata in quelli in età avanzata.
La seconda, più generale, è che la collaborazione scientifica funziona!
Questi esperimenti indicavano chiaramente che la restrizione calorica era in grado di allungare la vita di molti animali di laboratorio, praticamente in tutti quelli in cui è stata provata.
La domanda successiva era piuttosto ovvia: “cosa della RC è essenziale per allungare la vita?”
Per rispondere a questa domanda sono stati fatti esperimenti con diete normo-caloriche in topini, in cui alternativamente venivano ridotti sostanzialmente o i grassi, o le proteine, o i carboidrati.
La dieta che aveva effetto sull’allungamento della vita era quella in cui venivano drasticamente ridotte le proteine (restrizione proteica, RP).
Anche in questo caso la vita dei topi veniva allungata del 30-40%, la stessa percentuale ottenuta con restrizione calorica. E’ importante notare che in questo caso non c’era una restrizione calorica. Tutti gli animali testati con restrizione proteica vivono più a lungo come indicato in Figura 2, dove sono indicati gli animali sottoposti a questo regime dietetico e gli effetti sulla salute e sulla lunghezza della vita, insieme alla bibliografia.
Animale | Allungamento della vita | Effetti benefici | Referenze |
---|---|---|---|
Moscerini della frutta | Aumento della media e dell'età massima | Mair et al (2005), Grandson et al (2009) | |
Topi | 30% in più (solo con la restrizione della metionina) | Riduzione dei livelli di IGF1 e insulina | Miller et al (2005) |
Ratti | 30% in più (solo con la restrizione della metionina) | Riduzione del peso | Richie et al (1994) |
Uomini | Riduzione della mortalità in soggetti tra i 50 e 65 anni. Poi bisogna reintrodurre le proteine dopo i 65 anni. | Riduzione di 4 volte delle morti per cancro; di 4 volte di diabete | Levine et al (2014) |
Figura 2. La restrizione proteica allunga la vita
Successivamente sempre nei topi sono state somministrate diete normo-caloriche con restrizione solo degli amminoacidi essenziali e ancora una volta si aveva allungamento della vita del 30% proprio come con la restrizione calorica e la restrizione proteica.
La RP è stata sperimentata anche negli esseri umani ed ha dato sempre risultati importanti sulla mortalità e sulla riduzione di malattie come il cancro o il diabete (riduzione di 4 volte).
Una nota di cautela va fatta sulla restrizione proteica negli anziani con più di 65 anni dove una introduzione di proteine va consigliata per prevenire la sarcopenia, ma comunque non più di 70 g al giorno come indicato dai LARN.
Il consumo di carni rosse non deve superare i 300g a settimana qualunque età dopo l’adolescenza per la prevenzione del carcinoma del colon, come indicato dall’organizzazione Mondiale della Sanità.
Il dati sono chiari: bisogna mangiare poco, poche proteine nobili (ad alto valore biologico).
La ricerca scientifica è andata avanti negli ultimi anni per comprendere i meccanismi molecolari su cui la RC, la RP e la restrizione di amminoacidi essenziali ha effetto.
Una serie di importanti lavori scientifici descrivono un fenomeno biologico particolare, l’autofagia, come responsabile dell’allungamento della vita in carenza di calorie o di proteine o di amminoacidi essenziali.
Tutto inizia con una scoperta da Nobel. E’ il 2016 quando lo scienziato giapponese Yoshinori Ohsumi vince il prestigioso riconoscimento per la scoperta dell’autofagia, quel complesso meccanismo cellulare che porta all’eliminazione e al riciclo di molte componenti all’interno del nostro corpo. Quando tutto funziona, l’autofagia in condizioni avverse garantisce alle cellule sia un rapido combustibile sia la materia prima – derivante dal riciclo degli scarti – per «costruire» nuove strutture.
L’autofagia è inoltre fondamentale nella risposta all’attacco di agenti esterni, come batteri e virus. Senza di essa, la cellula sarebbe invasa da rifiuti.
Quando per svariate ragioni il meccanismo è alterato, le cellule vanno incontro a molti disturbi. Diversi studi indicano infatti che patologie quali Parkinson, diabete e cancro possono derivare anche dal mancato funzionamento di questo complesso apparato. Non solo, diverse malattie genetiche rare sono associate a mutazioni di quei geni che regolano il processo di autofagia.
Con il passare dell’età questo meccanismo lentamente perde di efficacia ed è così che nelle cellule si accumulano sempre più “rifiuti” portando al progressivo danno da invecchiamento.
Ecco perché l’autofagia è un fattore fondamentale per la longevità.
Trovato il meccanismo biologico con cui la RC o la RP funzionano è facile intuire che si possono trovare molecole che possono influenzare questi meccanismi.
La Prof.ssa Maria Vittoria Barone, specializzata in Gastroenterologia, è stata dapprima Ricercatore e poi Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
E’ Responsabile scientifico del Laboratorio Europeo per Lo Studio delle Malattie Indotte da Alimenti (ELFID), interamente dedicato allo studio dell’interazione tra epitelio intestinale ed alimenti.
E’ autrice di circa 80 pubblicazioni su riviste internazionali peer review (H-index 34) ed è docente del corso di Laurea in Nutrizione Umana, del corso di laurea in Medicina e Chirurgia, della Scuola di Specializzazione in Pediatria e del Dottorato Sviluppo Accrescimento e Salute dell’Uomo.
Tag:calorie, longevità, nutrizione, proteine